Andiamo oltre le cattive notizie 
                                            Il Firenze, 29 ottobre 2007 
                                              Le cattive notizie scandiscono il ritmo dell’informazione. Torna alla mente Il mondo in 
mi settima, una canzone di Adriano Celentano. Che,con voce roca, annota:”Apro il 
giornale e leggo che/di giusti al mondo non ce n’è”. Su scala locale e globale, a vari 
livelli di gravità, la sopraffazione si ostina a farci compagnia. In città, una microcriminalità sempre più spiccia si fa strada. Come nelle aggressioni perpetrate alle Piagge e all’Isolotto dalla brutale banda di ragazzotti, alcuni dei quali sono stati 
arrestati in un campo rom. Una notizia che invita, a procedere, parallelamente, sulla 
strada dell’integrazione e del controllo del territorio. Che ci sia molto da fare è evidente. Basta un’occhiata alle cronache cittadine. L’informazione sul “grande 
mondo”, peraltro, non tira su il morale: agghiaccianti immagini di corpi straziati di 
monaci birmani; inquietanti dichiarazioni di Putin che evocano la crisi di Cuba del 
1962; allarmanti tensioni fra USA ed ayatollah.. Odio e tensioni alzano il tasso dell’ 
audience. Bisogna tendere l’orecchio per cogliere un’altra musica di fondo. Come 
nell’incontro con Tarcisio Ciabatti, un prete che vive fra gli indios Guaranì. Facendo 
scuola “con il lapis, il quaderno ed il computer”. O nelle notizie su Francesco Sarti, un 
ex allievo, fondatore di Helios, associazione che assiste bambini in difficoltà. O negli 
incontri, in carcere, con operatori che si impegnano perché la reclusione preluda ad 
un percorso di recupero. Va saputa leggere l’altra faccia del mondo. Quella cui dà 
sostanza chi si impegna per i diritti umani. Subendo, spesso, persecuzioni. Come i 
due giornalisti curdi condannati a morte in Iran, sostanzialmente per reati d’opinione. 
Come i monaci birmani giunti in Thailandia per recare notizie dei loro concittadini 
imprigionati e uccisi. Esperienze cui va data visibilità. Perché non solo la zona d’ombra e quanto c’è di negativo nel mondo facciano notizia. “Vedi alla voce amore” era intitolato un romanzo di David Grossman di alcuni anni fa. Negli anni duemila, 
bisogna valorizzare, in piccole e grandi esperienze, locali e globali, l’imprevedibile 
forza della “dimensione amore”: il contrario della sottomissione e della passività, come Gandhi insegnava. E’ anche a partire da qui che si possono individuare elementi per fondare la buona politica e la cultura della convivenza. 
 
Severino Saccardi 
Direttore di “Testimonianze” 
Consigliere regionale della Toscana 
 
  |