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La musica, il carcere e i diritti
Il Firenze, 19 marzo 2007

E’ il contesto, non di rado, a rendere la forza di un linguaggio.
Quando si sono alzate le sensuali note di “Paloma negra” (della cantante messicana Chavela Vargas), non pochi occhi sono divenuti lucidi. 16 Marzo. Carcere di Pisa. Siamo, in tre del gruppo consiliare Ds della Toscana (Enzo Brogi, Fabiana Angiolini e chi scrive), in visita all’istituto circondariale in cui è stato rinchiuso anche Adriano Sofri. Con noi, tre collaboratori: Roberto Mosi, Francesca Neri e Victor “Coto” Montenegro. “Coto”, di origine argentine, sobbalza al fluire di espressioni nella lingua
che accomuna quasi tutte le terre centro-meridionali del continente americano. A cantare, con grande vocalità , è Paola Turci. Che è voluta tornare a Pisa, dove già aveva tenuto un concerto per i detenuti.
Siamo nella sezione femminile del carcere, presentati alle detenute dal direttore e dall’operatrice Alessandra Truscello. Paola, dopo aver parlato con semplice umanità , comunica con il canto. “Dio, come ti amo…”: la cantante intona Modugno e propone Tiziano Ferro . Poi, una sua canzone di pace:“Bambini”. Ci chiedono di presentarci. Enzo parla della sua esperienza di sindaco di Cavriglia. Io del mio legame con Ernesto Balducci e del suo impegno per gli ultimi e la pace. Fabiana del suo disagio di donna, che avverte particolarmente il peso della condizione femminile in quel luogo.
Interviene una detenuta tunisina, in un italiano pittoresco ed espressivo. Un ambiente di reclusione, ancora pervaso dall’emozione creata da“paloma negra” , diviene un piccolo angolo di mondo.Ci chiedono se andremo a Sollicciano. Rispondiamo che a visitare il carcere fiorentino siamo stati più volte.
A Paola Turci viene chiesto se ci accompagnerà quando ancora vi andremo. Risponde di sì.
Anche lì porterà un messaggio di speranza con il canto e la musica. Quando ce ne andiamo, “Coto” parla con Paola di musica latinoamericana.
Poi, ricorda quel che sono state e in parte sono ancora le carceri di certi paesi del Sud-America e di altri stati extraeuropei. Non va dimenticato. L’impegno perché, da noi, il carcere significhi recupero e reinserimento non può andar disgiunto dallo sguardo sul mondo capace di considerare la vastità dell’impegno verso l’universale tutela della dignità umana (anche di quella del colpevole) come un aspetto del lungo cammino della cultura dei diritti.


Severino Saccardi
Direttore di “Testimonianze”
Consigliere regionale della Toscana
 

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