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Il carcere e la cultura dei diritti
Il Firenze, 26 febbrazio 2007

 
Un carcere e due uomini che si parlano. E’ un flash della memoria. L’uomo vestito di bianco è papa Wojtyla,l’altro è Ali Agca. Che in Piazza S. Pietro ha sparato per uccidere. Tornerà, il vecchio papa, a trovare i carcerati, a chiedere misure di clemenza. L’indulto era di là da venire. Il “bisogno di indulto” (prima che il provvedimento fosse varato e quando l’eco della parole di Wojtyla pareva spento) l’avevamo respirato, Enzo Brogi ed io, nelle visite in veste di consiglieri regionali, presso i carceri toscani. A Pisa, da Adriano Sofri. Che diceva. “Non venite da me, andate dagli altri carcerati”. Ad Arezzo. A Sollicciano. A Porto Azzurro. Un percorso che continua. A Volterra e a S.Gimignano andiamo oggi ( con la collega Fabiana Angiolini). Nell’età del dopo-indulto. Per prendere contatto con i problemi che restano. Le carceri si vanno nuovamente riempiendo. Per molte ragioni: leggi che puniscono con la prigione reati per cui più adeguate sarebbero misure sociali; non adozione di
provvedimenti alternativi alla carcerazione; fallimento del reinserimento di emarginati che passano da una detenzione all’altra. Il tema del reinserimento è cruciale. E trascurato. E’ quanto abbiamo capito nella commovente visita al minorile “Meucci” con Piero Pelù.
All’interno dell’Istituto, i ragazzi (quasi tutti “extracomunitari”) sono attentamente seguiti. All’uscita vanno, anonimi (alla lettera:i nomi che dichiarano sono di pura fantasia), incontro alle dinamiche selvagge di una società in difficile transizione. A Volterra, incontreremo Armando Punzo. Regista teatrale,fa un lavoro importante. Ha un grande valore, fare teatro, assistenza sociale, psicologica, spirituale in carcere. I detenuti più consapevoli non cercano attenuanti per quel che hanno commesso. Anche se la società talora non è innocente, stanno riacquisendo il senso della
responsabilità individuale. Vogliono ritrovare una strada.“Visitare i carcerati”: è una esortazione che, da bambini, sentivamo ripetere, senza comprenderla, al catechismo. Laicamente, può essere declinata con una cultura dei diritti capace di farsi carico delle istanze di chi è in stato di detenzione. Di chi, nel percorso faticoso per riconquistare la libertà, ha da riconquistare preventivamente l’autostima e il
senso della dignità che una cittadinanza vissuta consapevolmente può restituire.

Severino Saccardi
Direttore di “Testimonianze”


 

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