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Algeria un martirio dimenticato
Il Firenze, 16 aprile 2007

 
L’ Algeria è una “terra martire”. Ce lo ricordano i sanguinosi attentati dei giorni scorsi. Fatti drammatici che abbiamo già quasi dimenticato. E che, invece, faremmo bene a meditare. Chi scrive ha ancora in mente le parole della “pasionaria” Khalida Messaoudi, alcuni anni fa, a Firenze, presso il “Centro La Pira”. Presiedevo una Tavola rotonda sul tema: Cittadini del mondo. Khalida, esponente di punta del femminismo algerino (che, da qualche anno, ha accettato di occuparsi di cultura nel
Governo del suo Paese), accusava gli occidentali di girare la testa dall’ altra parte. L’Algeria era in piena mattanza. Una mattanza che ha prodotto più di centomila morti ammazzati. Khalida Messaoudi raccontava la solitaria resistenza del suo popolo. Non ha smarrito, nemmeno oggi, la sua solarità (quella di cui scriveva Albert Camus) il popolo algerino. Nonostante decenni di sofferenze.
A partire dalla Battaglia di Algeri, resa celebre dal film di Pontecorvo. Un’epopea che trasformò l’Algeria nella terra-simbolo della lotta per la decolonizzazione.
Seguirono le promesse tradite dei decenni dell’indipendenza. Con la popolazione e la miseria che crescevano. Poi, la drammatica rivolta del cus-cus (una sorta di“rivolta del pane”), del 1988. Stroncata da una spietata repressione. Il resto è storia recente. Il Fronte islamico di salvezza (FIS), nei primi anni novanta, che vince le elezioni amministrative. Lo “stop” al processo elettorale da parte dei militari, sostenuto anche da molti democratici. Seguirono gli anni delle stragi. Della fine di ogni pietà. I democratici algerini, lasciati soli dal nostro eurocentrismo, che continuavano a resistere. Ed a denunciare lo spasimo di una società stretta nella morsa combinata del terrorismo e di una repressione che spesso violava i diritti umani. Poi, la discussa “pacificazione” tentata dal presidente Bouteflika. Che sembrava aver ottenuto, comunque, buoni risultati. Ora, gli attentati firmati Al Qaeda hanno portato ad un brusco risveglio. Ricordo che a sentire Khalida c’era il giudice Antonino Caponnetto. Che disse: “ Sono troppo vecchio, ma vorrei tanto far qualcosa per la vostra Terra”.
Algeri, di nuovo, è in prima linea. Le parole di quel “grande vecchio”, che la violenza era abituato a guardarla in faccia, tornano d’ attualità. E dovrebbero suonare da monito per le nostre coscienze intorpidite.


Severino Saccardi
Direttore di “Testimonianze”
Consigliere regionale della Toscana
 

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