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Le vite degli altri
Il Firenze, 7 maggio 2007

 
Le vite degli altri è un film da consigliare. Soprattutto a chi era piccolo negli anni precedenti alla caduta del Muro. Anche il regista,Florian Henckel, allora era un ragazzo.
Ha ricostruito, studiando gli archivi della Stasi (la terribile polizia politica della Germania Est), un contesto in cui la delazione era pane quotidiano e chiunque (la moglie, il marito, il bonario vicino) poteva venderti o essere costretto a venderti al potere. In una delle ultime inquadrature del film, sul sedile dell’auto di un funzionario della Stasi, si intravede un quotidiano con la foto di Gorbaciov.
Non ci saranno carri armati a schiacciare le folle che abbatteranno l’odiata barriera che divide Berlino e il cuore dell’Europa.
Le vite degli altri ricostruisce pagine decisive della storia europea. Ecco perché consigliarne la visione, in tempi poveri di memoria. E’ un discorso che riguarda anche la nostra sinistra. Adesso che Fassino andrà a rendere omaggio alle vittime del Gulag, c’è chi ne sorride con sufficienza. Quella storia- si dice- più non ci riguarda e, comunque, niente ne sanno i giovani. Ma sulla smemoratezza niente si costruisce. E, quanto ai giovani, sono preferibili quelli come il regista Florian, che studia quel che
succedeva quando egli aveva l’età del bambino che, nel film, chiede irriverente al temibile vicino di ascensore: “Ma è vero che sei della Stasi?” Ricordare è anche il modo migliore- e non contraddittorio- per opporsi al vento reazionario che soffia in parte dell’ ex “Europa dell’Est”. Come in Polonia. Dove, a 700.000 persone, è stato chiesto di firmare una dichiarazione attestante la non collaborazione con i servizi segreti del passato regime comunista. La “Gazeta Wyborcza”, diretta dall’ex esponente di Solidarnosc Adam Michnik, ha parlato di “clima maccartista”. Come nell’America della “Guerra Fredda”. A Geremek, storico oppositore del “comunismo reale, per non aver sottoscritto la dichiarazione richiesta, si vuole imporre di rinunciare al mandato di parlamentare europeo. Democrazia e tolleranza hanno ancora del cammino da fare in Europa.
Fare i conti culturalmente con i fantasmi della Storia è la garanzia migliore che non si torni ad evocarli con toni da “nuova inquisizione” e che la “casa comune europea”, riconciliata con se stessa, possa aprirsi fiduciosa al domani.


Severino Saccardi
Direttore di “Testimonianze”
Consigliere regionale della Toscana
 

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