HOME PAGE >

Quelle Afriche sul mappamondo visto da Firenze
"Corriere Fiorentino", 12 gennaio

Inquietano, e sfuggono ai nostri schemi di comprensione, i “fatti d’Algeria”. Eppure, in tempi ormai lontani, l’Algeria era idealmente nel nostro immaginario. La “battaglia di Algeri” (dal celebre film di Pontecorvo) era emblema di una sanguinosa lotta per l’indipendenza. Uomini come La Pira vedevano in quelle vicende la forza del processo di decolonizzazione. La drammatica rivolta del pane (o, più esoticamente, del cus-cus), che infiamma Algeri e che insanguina la vicina Tunisia, fa da singolare contrappunto ad una grande ricorrenza storica. Si è appena concluso, infatti, il cinquantennale del 1960, “anno dell’ Africa”. Anno-simbolo del riscatto di un intero continente dal servaggio coloniale. I sommovimenti algerini e tunisini sembrano avere, a distanza di mezzo secolo, la forza di una metafora. I problemi da cui nascono sono riconducibili all’esasperazione di una popolazione, fatta al settanta per cento di giovani e priva di prospettive di vita , che reagisce alla crisi ed all’aumento del costo dei beni di prima necessità. I riferimenti che vengono evocati sono inquietanti: nacque con un’altra rivolta del cus-cus (1988), l’incendio provocato dall’intreccio fra “questione sociale” e fondamentalismo islamista. Che accadrebbe, oggi, se il fondamentalismo riuscisse a connettersi strumentalmente alla rabbia del popolo?  E qual è la possibile via d’uscita per un Paese ricco di risorse energetiche ma bloccato sul piano dello sviluppo? “L’Algeria (…) è un paese ricco e povero insieme, dove la ricchezza di pochi non si tramuta in occasione di lavoro per molti”. Così scriveva, nei primi anni ’90, su “Testimonianze”, la fondatrice del Cospe, Luciana Sassatelli, morta ancor giovane sulle vie della cooperazione, che con Giuliana Sgrena dette vita al CISA (il comitato di solidarietà con l’Algeria minacciata dal fondamentalismo).

Sta forse qui la forte, e generale, valenza metaforica di quel che l’emblematica “questione Algeria” evidenzia. Che ne è dell’Africa (anzi, delle “Afriche”, cioè di una gigantesca e “plurale” realtà) a mezzo secolo dal suo storico processo di emancipazione? E’ la forza, talora tragica, degli eventi che ce ne ricorda, oggi, l’importanza: dal referendum del Sud Sudan per l’autodeterminazione, alla strage di Alessandria, ai conflitti sociali del Maghreb.

Cooperazione, migrazioni, diritti umani: sono questioni sulle quali un dialogo con la sponda Sud del Mediterraneo e con le diverse realtà africane (contraddittorie eppur vitali) è indilazionabile. Già Don Milani insegnava che non si può leggere la realtà se non usando il mappamondo. Il mondo, del resto, bussa ormai alla porta.

Anche nelle vie e nelle piazze di una città come Firenze, i colori e i volti delle diverse “Afriche” si palesano. E ci ricordano che il confronto con la sfida della convivenza, sul piano locale e su quello internazionale, è i il decisivo banco di prova per una politica capace di uscire da logiche misere ed anguste e di tornare a misurarsi con i problemi di fondo della nostra epoca.

Testimonianze rivista laica fondata da Ernesto Balducci
ARCI associazione di promozione sociale ACLI :: Associazioni Cristiane Lavoratori Italiani CRIC Coordinamento Riviste Italiane di Cultura Information Safety and Freedom


Tutti gli articoli pubblicati sul sito sono coperti dai diritti d'autore.
® Copyright 2007/2008 - Contatta Severino Saccardi