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Lo spirito di Piazza Ghiberti
Il Nuovo Corriere di Firenze, 29 giugno 2009

Firenze ha  un nucleo intimo di sentimenti, di memorie e di vissuto collettivo che è importante (re)imparare a  riconoscere . Diceva il prete-poeta David Turoldo pochi luoghi  hanno “l’anima misteriosa di questa città”.  Non sempre le città sono immediatamente riconoscibili. A volte  Firenze sembra relegata al ruolo, rilucente e angusto, di “città d’arte”o, addirittura, di “città- Disneyland”. Sembra  proporre la sua bellezza in modo un po’ mercenario, combinando le vetrine con la trascuratezza e il degrado.
Ma forse non è, del tutto, così. Ci sono momenti in cui i guizzi di fuoco si rivelano sotto la cenere. Qualche giorno fa, in un pomeriggio assolato, Firenze, con il suo nuovo sindaco, il presidente del Consiglio Regionale, le rappresentanze dell’Università, e sue associazioni di carattere
politico-culturale si è ritrovata, in Piazza Ghiberti (a due passi dal  mercato di S. Ambrogio), con gli studenti iraniani. Hanno, abbiamo, parlato in molti, esprimendo solidarietà.
Poi, quando un giovane iraniano, con voce ferma e a volto scoperto, ha letto il comunicato di denuncia dei brogli elettorali, di disconoscimento della dittatura, di omaggio a Neda, la ragazza uccisa a Teheran, e agli altri caduti per la libertà, un brivido di commozione ha attraversato la piazza. In quel momento la gente che ascoltava ha rivissuto l’intensità che conferisce l’appartenenza ad una città che, nonostante tutto rimane la città di Radio Cora e dell’insurrezione antinazista del ’44,  di sindaci come Fabiani e La pira e di personalità come Ernesto Balducci ed Enzo Enriques Agnoletti. La sera dopo, nell’oscurità di Piazza della Repubblica, un nuovo incontro con i giovani iraniani e con le luminarie che, sul selciato,  disegnavano il nome del loro lontano paese: Iran. A Palazzo Vecchio, intanto, è esposto il drappo verde, simbolo dell’ Onda della rivolta antitotalitaria. Ci sono momenti in cui Firenze sa rimettersi in comunicazione con le pieghe più profonde, e più vere, della sua anima. 


Severino Saccardi

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