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Samaritani degli anni 2000...
Il Nuovo Corriere di Firenze, 9 febbraio

L’affollata realtà del “mondo globale” è popolata  di “solitudini”. Solitudini opposte e complementari. E’  solo, il migrante approdato nei territori, sconosciuti,  del benessere, insidiati dalle zone d’ombra dell’insicurezza, della diffidenza e della crisi. Si sente solo, spesso, il cittadino “autoctono”, che vede nell’inedita presenza dell’ “altro”  una possibile minaccia alla propria sicurezza.
Vive una contraddizione, la nostra società. Di immigrati c’è bisogno. Per svolgere mansioni, da noi, ritenute umili e ingrate e per le attività di cura di una società colma di anziani. Contemporaneamente, secondo una percezione distorta, gli immigrati  paiono “troppi” o “troppo invasivi”. Due immagini si sovrappongono. Quella dell’ “immigrato necessario”. E quella  che potremmo definire ( per come, talora, lo si vorrebbe) dell’ “immigrato invisibile”.
 Confrontarsi con il “fenomeno immigrazione” non è semplice. Non va alimentata l’imprenditoria politica della paura (delle reciproche e contrapposte paure).  Come, sostanzialmente, fa la norma che rende possibile ai medici denunciare i pazienti “clandestini” . Contraddicendo non solo elementari principi etici, ma diffondendo, insieme al timore (di chi si sottrarrà alle cure), anche possibili  rischi di contagio.
Ci sono associazioni di medici che si prodigano per assicurare interventi sanitari negli angoli meno fortunati del Pianeta. E’ paradossale una legislazione che, di fatto, mette in discussione il diritto alla salute di quel pezzo di Sud del mondo che vive nelle nostre città.
Oltre ai mali fisici, bisogna curare anche i pregiudizi generati da diffidenza e solitudini sociali. La cronaca, a volte, ci è maestra. Il gesto di Ammar, tunisino “ irregolare”, buttatosi in Arno per salvare una nostra connazionale ha il sapore di una bella parabola degli anni 2000. Che conferma che i samaritani hanno spesso un volto straniero, ma  sanno intendere l’universale comandamento di soccorrere chi, in quel momento, ti è prossimo.


Severino Saccardi

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