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Laicita' e regali fatti alla destra
Corriere Fiorentino, 24 novembre 2010

Ha violato la laicità il rettore Alberto Tesi? Le precisazioni dello stesso Tesi ridefiniscono i termini della polemica nata a seguito dell’invito del rettorato alla Messa per l’inizio dell’anno accademico, inoltrato via mail a studenti e docenti. Anche l’interessante articolo di ieri di Franco Camarlinghi suggerisce non poche riflessioni. Il personale, e laicissimo, parere di chi scrive è che la questione (critiche, verosimilmente fondate, per il mancato invito di studenti e docenti in Palazzo Vecchio a parte) sia stata inizialmente basata su un sostanziale fraintendimento.

La diffusione di una comunicazione, anche da parte di un’importante realtà istituzionale, non implica l‘assunzione formale del contenuto del messaggio diramato. Si limita a portare a conoscenza dei destinatari elementi ritenuti significativi e rilevanti. E’ rilevante la notizia della celebrazione di una cerimonia religiosa come quella a cui, nel caso specifico, viene fatto riferimento? Certamente lo è per coloro che in quella dimensione di fede si riconoscono.

Per gli altri (aderenti ad altre fedi religiose, “diversamente credenti”, atei o agnostici) il venirne a conoscenza non comporta, di per sé, alcuna menomazione in termini di rispetto della propria identità e integrità culturale. Così, in ipotesi, non ne dovrebbe comportare per un cattolico (che, certo, vive la condizione specifica di appartenere alla religione, da noi, maggioritaria e “dominante”) il ricevere un’informazione istituzionale relativa allo svolgimento di un rito protestante, ebraico, islamico, buddista o induista. Come dovrebbe tranquillamente avvenire in un contesto di laica convivenza delle differenze e di pluralismo religioso e culturale.

L’episodio cui viene fatto riferimento ha una portata limitata. Ma la questione cui esso rimanda è rilevante. E’ connessa con il grande tema, ed il senso stesso, della laicità. Un termine che è sinonimo di separazione rigorosa fra sfera religiosa ed ambito politico, giuridico e civile della vita associata.

Va difesa, la laicità, dalle ricorrenti e ripetute tentazioni ed ingerenze di segno e di carattere clericale. E’, anzi, ovviamente, su questo fronte, che essa, da qualche secolo a questa parte, ha dovuto combattere per far avanzare un’idea di società (incluso il riferimento al “libera chiesa in libero stato” cui non è male riandare in occasione della ricorrenza dei 150 anni dall’Unità nazionale) fondata sul rispetto della convivenza fra diversi e sulla libertà di coscienza. Quella libertà di coscienza che, in tante parti del mondo, è ancora oggi ben lungi dall’essere garantita.

E’ un’acquisizione fondamentale, ancora fragile, ed esposta ai contraccolpi della storia, la laicità.

Va difesa, proprio per questo anche dai fraintendimenti che ne annebbiano e ne confondono il significato. Come è evidente, perfino linguisticamente, nelle espressioni dei tanti che  usano il termine “laico” come sostanziale sinonimo di  “non religioso” o “non credente”. E che ritengono, di fatto, indebita ogni forma di presenza della religione (delle religioni) nello “spazio pubblico”. Su cui invece la discussione dev’essere libera, aperta e non impedita da contrapposti pregiudizi.

Sarebbe davvero un segno di scarsa accortezza politica “regalare alla destra” temi di così forte rilevanza  simbolica.

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